Nel corso degli ultimi tempi, sempre più persone decidono di acquistare piatti e bicchieri biodegradabili per impattare di meno sull’ambiente circostante. Il settore delle stoviglie monouso sta prendendo sempre più piede.
Ci sono diverse tipologie di piatti biodegradabili presenti sul mercato: uno dei materiali biodegradabili in tutto e per tutto naturali che sta andando per la maggiore è la polpa di cellulosa. Quest’ultima, infatti, viene ottenuta da scarti di lavorazione di piante molto rinomate, come ad esempio il bamboo, piuttosto che la paglia oppure la canna da zucchero.
Il vantaggio di questi piatti è quello di essere compostabili e si possono tranquillamente smaltire anche all’interno della raccolta differenziata dell’umido, in compagnia di tutti gli avanzi di cibo. Con il passare del tempo ci sono sempre più tipologie di piattai biodegradabili e compostabili, come ad esempio quelli con struttura a due oppure a tre scomparti.
La biodegradabilità
Si sente spesso e volentieri parlare di prodotti biodegradabili, ma cosa vuol dire effettivamente? Ebbene, tutti i materiali biodegradabili sono quelli che si dissolvono per via dell’azione di determinati agenti biologici, che possono essere le piante, gli animali, ma anche il sole, piuttosto che l’acqua.
Tutti questi elementi biodegradabili diventano dei veri e propri nutrienti per il terreno. Se da un lato è vero che si può definire biodegradabile quel materiale che si dissolve entro sei mesi. Il processo di degradazione dei vari materiali è legato alle condizioni dell’esposizione, così come alle sue intrinseche caratteristiche.
Compostabile oppure biodegradabile?
Si fa spesso riferimento alle differenze tra questi due processi, ma in realtà si concentrano esclusivamente in relazione alle tempistiche con cui avvengono. La biodegradabilità è un concetto molto labile, dal momento che ci sono dei materiali che possono biodegradarsi davvero in pochissimo tempo, come accade ad esempio ad un piccolo pezzo di legno, mentre altri sono in grado di mantenersi nell’ambiente anche per diverso tempo.
Quando si fa riferimento a prodotti compostabili, invece, si tratta di materiali che sono in grado di degradarsi con tempistiche inferiori alle 12 settimane all’interno dei vari impianti a ciò dedicati e poi fare ritorno in natura nella forma di compost. Quest’ultimo può essere usato per rendere più ricchi i terreni e stimolare in maniera adeguata le coltivazioni.
Il livello di compostabilità viene misurato mediante un’apposita prova, che viene chiamata EN 14045. Nel corso di tale test, ecco che il materiale viene compostato in compagnia di altri materiali per ben tre mesi. Una volta giunto al termine tale periodo, ecco che il composto che è derivato da tale processo è oggetto di apposite analisi.
Per poter superare a pieni voti tale test ed essere considerato compostabile, ecco che i residui del materiale che hanno una dimensione di oltre 2 mm, devono avere una massa più bassa del 10% rispetto a quella iniziale. Chiaramente, sono anche tanti altri i parametri che vengono valutati e sono oggetto di appositi approfondimenti e analisi. Il compostaggio, indipendentemente dal fatto che venga svolto a livello domestico oppure industriale, è un processo suggerito per fare in modo che i residui non vengano smaltiti all’interno delle discariche oppure degli inceneritori.